L’avv. Dellabartola e la dott.ssa Ceccolini commentano per Norme e Tributi Plus (Sole24ore) l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 7108 del 3 marzo 2022 la quale ha affermato importanti principi in materia di ritenute sui redditi di lavoro autonomo per prestazioni rese nel settore della moda da soggetti non residenti.
In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto che:
- la normativa domestica (i.e. art. 23, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 917/1986) recede rispetto a quella convenzionale, la quale sancisce l’imponibilità in Italia (e il conseguente assoggettamento a ritenuta) delle prestazioni di lavoro autonomo svolte dai prestatori non residenti solo a condizione che questi abbiano una “base fissa” nel territorio dello Stato;
- i compensi percepiti dalle società di intermediazione nei servizi sono qualificabili come redditi di impresa sia in quanto l’attività di intermediazione rientra all’interno del perimetro dell’art. 2195 c.c., sia perché in ogni caso l’organizzazione manifestata dalle società comporta la sussistenza di un’attività organizzata in forma di impresa; per tale ragione, gli utili da queste ultime percepiti sono imponibili in Italia ai sensi dell’art. 7 del modello di convenzione OCSE solo se maturati tramite l’attività di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato;
- a nulla rileva l’effettiva tassazione del provento nello Stato di residenza del prestatore o delle società intermediarie, in quanto ai fini convenzionali conta unicamente il potenziale assoggettamento ad imposizione in modo illimitato nello Stato di residenza, indipendentemente dall’effettivo prelievo fiscale subìto, poiché scopo delle convenzioni bilaterali è quello di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali ed agevolare l’attività economica internazionale.